22 Settembre 2024

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GENITORIALITA’ OMOSESSUALE

IL PUNTO SULLE RICERCHE SCIENTIFICHE

di Angela Ganci, psicologo psicoterapeuta, giornalista e docente

L’11 maggio 2016 il ddl Cirinnà intitolato “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”, dopo mesi di discussioni e polemiche, ottiene finalmente il SI definitivo alla Camera.
Una rivoluzione culturale che ha portato la Stepchild adoption, ovvero l’adozione del figlio biologico del coniuge o del partner, già riconosciuta come possibilità alle coppie eterosessuali, all’interno delle coppie omosessuali, come conquista concreta di civiltà, riconoscimento giuridico del diritto del bambino a crescere in un ambiente contraddistinto dall’affettività e dal benessere, al di là dell’orientamento sessuale dei genitori.
Un benessere evolutivo più volte al centro delle attenzioni della scienza psicologica, volta a chiarire l’interrogativo: quali conseguenze comporta la crescita del minore con due genitori dello stesso sesso? Quali conseguenze avrà il confronto con i coetanei cresciuti all’interno di famiglie eterosessuali, soprattutto a scuola? Disorientamento, depressione, ansia, stress, o cos’altro?
C’è da dire che la Legge sopracitata è abbastanza recente, non lo sono invece le ricerche scientifiche che, già dai primi anni ’80, hanno cercato di risolvere l’arcano, a partire dalla destigmatizzazione dell’omosessualità come malattia mentale, nel già lontano Dicembre 1973.
Senza intenti di esaustività, in un campo psicologico in fieri, con le ricerche in divenire, i cui risultati, in termini di significatività, dipendono, tra l’altro, dalla grandezza del campione, si riporta qui una ricerca portata avanti dalla New Yorker Columbia University e presentata nel Gennaio 2016, considerata di alto valore empirico poiché, su 77 studi accademici internazionali considerati in base a una serie di criteri, ha permesso di evidenziare che, in 73 di essi, i figli di coppie omosessuali non si sviluppano in maniera diversa dai bambini cresciuti in famiglie eterosessuali.
«Un consenso accademico schiacciante sul fatto che avere un genitore gay o una genitrice lesbica non danneggi i bambini» (si legge in proposito al link https://www.ilpost.it/2016/02/04/i-figli-delle-coppie-omosessuali-studi/), che ci spinge a indagare ancora meglio la portata di tale risultanza.
Già perché, in base alla ricerca sopracitata, non esisterebbero anomalie dello sviluppo in bambini cresciuti da genitori omosessuali, anzi, a onor di cronaca, esisterebbero addirittura dei vantaggi, di tipo cognitivo e affettivo.
Sempre la New Yorker Columbia University, infatti, riporta una vasta ricerca australiana del 2014 secondo la quale i figli e le figlie di genitori dello stesso sesso hanno un maggior stato di salute e benessere rispetto alla media dei loro coetanei, intendendo per salute non semplice “assenza di malattia o infermità”. Siamo a Melbourne, e un gruppo di ricercatori analizza le risposte volontarie di 315 genitori (80 per cento donne, 18 per cento uomini e 2 per cento di altro genere) e 500 bambini tra zero e diciassette anni rispetto a variabili quali l’autonomia, la salute e l’emotività.
I risultati appaiono degni di nota: i bambini cresciuti in una same-sex family ottengono i punteggi più alti (del 6 per cento superiori a quelli della popolazione in generale) per quanto riguarda la salute e la coesione familiare. Essenzialmente accade che i genitori dello stesso sesso, superando gli stretti ruoli di genere, che vogliono la donna in casa a prendersi cura dei bambini e il padre a lavoro fuori le mura domestiche, trasmettano ai figli una maggiore apertura mentale, autonomia e flessibilità, componenti di una salute psichica ottimale.
Una buona notizia arriva anche dal fronte delle discriminazioni omofobiche di cui sono vittima i minori, di per sé fonte di stress e malessere: anche di fronte alla stigmatizzazione (che riguarda due bambini su tre del campione) assistiamo comunque a un risultato finale invariato di benessere psicologico dei figli cresciuti in una same-sex family in confronto a quelli cresciuti in coppie eterosessuali. La motivazione è semplice: a causa della situazione in cui si trovano, questi bambini, parlano, chiedono aiuto ai genitori, li fanno partecipi degli scherni, il legame con i genitori appare rafforzato, con effetti di resilienza.
Un evento fortunato che, però, non è da considerarsi, sfortunatamente, la norma: ecco la sfida sociale che oggi si impone in relazione al benessere dei giovani.
Una lotta ferrea alla discriminazione omofoba: finché l’omofobia dilagherà nella società senza deterrenti di ordine legale e sociale, il benessere registrato dalle ricerche sarà sempre instabile, e la sensazione di insicurezza e odio percepito verso il Sé sempre in grado di minare la felicità e la sana crescita di minori e famiglie con orientamento omosessuale.