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Covid, variante Kraken e influenza australiana. L’intervista all’esperto, dottore Carmelo Iacobello

di Angela Ganci, psicologo psicoterapeuta, scrittrice e giornalista

In data 13 gennaio 2023 il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) ha pubblicato una nota finalizzata a segnalare l’attenzione su una nuova variante, o meglio sottovariante, del Covid nota come Kraken.

Un problema sanitario dalle potenziali conseguenze deleterie sulla salute pubblica a cui si aggiunge il recentissimo fenomeno dell’influenza australiana, i cui sintomi noti sono diversificati, dalla febbre alta ai dolori muscolari diffusi al mal di testa fino a complicanze più serie come nausea, vomito e diarrea, in particolare nei bambini. 

Quale la reale pericolosità della sottovariante Kraken del COVID, conosciuta come XBB 1.5? Quali fasce di popolazione colpisce? Di quali misure di contrasto disponiamo oggi? E riguardo l’influenza australiana? Quali le evidenze scientifiche?

Ne abbiamo parlato con il dottore Carmelo Iacobello, Direttore UOC Malattie Infettive AOE Cannizzaro di Catania, in vista della possibilità concreta di una guida scientifica mirata al contrasto attivo del proliferare di nuove varianti virali con effetti deleteri, talora mortali.

Dottore Iacobello, quale la reale pericolosità della variante Kraken, quali fasce di popolazione colpisce maggiormente? Il vaccino ha funzione protettiva?

“La variante Kraken è un sottotipo appartenente al lignaggio di omicron e viene definita in sigla XBB.1.5 secondo la nomenclatura dell’OMS. Fermo restando che è quasi impossibile fare delle previsioni sulle varianti prima di averne verificato gli effetti sulla popolazione, si può ragionevolmente sostenere che è assai improbabile che la variante Kraken possa dare una recrudescenza pandemica nelle popolazioni che hanno raggiunto la cosiddetta immunità ibrida. Infatti, lo stato vaccinale diffuso della popolazione e la circolazione naturale del virus selvaggio consentono di ottenere un’efficace immunità di comunità e pertanto proteggere la maggior parte della popolazione. Rimane un rischio ancora elevato di sviluppare quadri clinici gravi nei soggetti anziani con comorbidità e con deficit dello stato immunitario primitivo o secondario. Su questi pazienti fragili rimane fondamentale la copertura vaccinale e la terapia con farmaci antivirali precoci (anticorpi monoclonali e antivirali diretti orali), oltre ai sistemi di barriera rappresentati soprattutto dalle mascherine”.

A causa di tale variante avremo, secondo lei, un inasprimento futuro della pandemia?

“Avremo probabilmente una maggiore circolazione del virus, legata a un significativo aumento della contagiosità, ma a questo non si assocerà a una maggiore patogenicità poiché negli Stati Uniti, dove in questo momento il sottotipo XXB.1.5 sembra predominante, i dati di pericolosità in termini di patogenicità non sembrano creare particolari preoccupazioni, tranne nei soggetti non vaccinati che rimangono particolarmente esposti a forme severe di malattia da SarsCoV2”.

Di quali misure di contrasto disponiamo oggi per evitare il contagio o ridurne la portata? 

“Come detto, l’uso delle mascherine, la vaccinazione estensiva con le dosi booster e le terapie precoci antivirali nei soggetti fragili rappresentano potenti mezzi per contrastare la diffusione del virus e le forme gravi di malattia”.

Riguardo infine all’influenza australiana, quali i sintomi e le terapie oggi disponibili? Possiamo parlare di vaccini risolutivi?

“L’influenza australiana si è prepotentemente inserita nel novero delle infezioni virali invernali e si è aggiunta all’infezione da Covid, incrementando i casi complessivi di sindromi influenzali. Purtroppo l’uso delle mascherine nei tre anni precedenti all’attuale epidemia di virus influenzali  ha ridotto drasticamente la circolazione dei virus influenzali stagionali e questo ha comportato una perdita dell’immunità naturale. Al virus influenzale si è aggiunto anche il virus respiratorio sinciziale che sta avendo una diffusione estesa sulla popolazione pediatrica con l’insorgenza di bronchioliti che necessitano di trattamenti in ambiente ospedaliero. In atto, i quadri clinici da influenza stagionale e da virus respiratorio sinciziale appaiono clinicamente più impegnativi del corteo polisindromico dovuto al COVID. In atto non esistono vaccini risolutivi poiché la capacità di mutare dei virus influenzali rappresenta il principale ostacolo alla realizzazione di un vaccino stabile e definitivo”.