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WhatsApp, basta catene di Sant’Antonio: solo un inoltro alla volta

ADDIO alle catene di Sant’Antonio. Almeno ci si prova, di nuovo, con un provvedimento fortemente restrittivo. WhatsApp ha infatti annunciato che limiterà l’inoltro dei messaggi a un contatto per volta. Non sarà cioè più possibile prendere un singolo contenuto ricevuto da altre persone o pescato da un gruppo, dunque già inviato – un testo, una foto, un video – e rilanciarlo a cinque contatti, come finora era possibile. Si procederà uno per volta. Il tutto per rendere più complicata, o almeno disincentivare, la circolazione di bufale e imprecisioni, che spesso si nascondono proprio nelle catene che propongono messaggi virali.

Al momento, infatti, gli inoltri possibili sono cinque alla volta, a prescindere che si tratti di una conversazione singola o di un gruppo, in grado dunque di raggiungere molte più persone. Li si riconosce da una piccola icona di una doppia freccia, che ricorda un po’ quella delle e-mail e che sta appunto a indicare un contenuto ricevuto e rilanciato. Anche questa novità grafica – che si associa all’icona della freccia singola per i contenuti inoltrati una sola volta e per cui le nuove indicazioni non dovrebbero valere – è relativamente recente e fa parte dei ripetuti tentativi dell’applicazione controllata da Facebook di segnalare ai destinatari che non si tratta di un messaggio ex novo, composto apposta per noi dall’interlocutore, ma di una cosa presa e, appunto, inoltrata. Ora l’operazione sarà possibile con una sola conversazione alla volta. Volendo inoltrare il contenuto a più contatti bisognerà ogni volta ripartire da capo, senza poter più selezionare cinque diversi destinatari dalla lista dei più frequenti e dei contatti.

Lo stop arriverà con i prossimi aggiornamenti dell’applicazione e a quanto si è compreso riguarderà solo i messaggi “fortemente inoltrati”, cioè quelli che finiscono sulla chat dopo inoltri massicci: “Lo scorso anno abbiamo presentato la funzione che consente di riconoscere i messaggi che sono stati inoltrati molte volte – si legge in un post sul blog ufficiale della chat – si tratta di un’etichetta dotata di una doppia freccia, che contraddistingue i messaggi di dubbia provenienza. A partire da oggi, questi messaggi potranno essere inoltrati a una sola chat alla volta”.

Eppure non tutti i messaggi inoltrati sono inutili o dannosi, con la bufala si rischia anche di buttare le catene in qualche modo costruttive. Poco male, secondo l’app di messaggistica più popolare del mondo in questa fase non c’è margine: “Ovviamente, non tutti i messaggi inoltrati contengono notizie false o contribuiscono alla disinformazione – riconoscono i responsabili della piattaforma – molti utenti inoltrano informazioni utili, video divertenti, meme o riflessioni che ritengono significative. Di recente, WhatsApp è stata utilizzata anche per organizzare manifestazioni a sostegno degli operatori sanitari impegnati in prima linea. Tuttavia abbiamo riscontrato un notevole incremento della quantità di messaggi inoltrati. Molti utenti ci hanno riferito di essere infastiditi da questi messaggi e di temere che possano contribuire alla diffusione di notizie false. Riteniamo pertanto che sia importante rallentare la propagazione di questi messaggi per mantenere WhatsApp un luogo dedicato alle conversazioni private”.

L’evoluzione di quello strumento è impressionante. All’inizio, e per gran parte dell'”esistenza” di WhatsApp, fondata nel 2009, è stato addirittura possibile inoltrare un contenuto fino a 256 contatti. E i messaggi in questione non erano etichettati in nessun modo. Tutto è cambiato in alcuni mercati, come quello indiano, dove la circolazione di notizie false aveva portato a linciaggi e azioni coordinate contro presunti rapitori di bambini. Per questo un paio di anni fa la piattaforma, usata da oltre un miliardo e mezzo di utenti, ha iniziato a sperimentare limiti di questo genere. Ha introdotto l’elemento grafico che ricordavamo prima e abbattuto il numero dei rilanci possibili a cinque. Un limite evidentemente più di tipo psicologico che tecnico: ripartendo da capo, di cinque in cinque, si può – o per meglio dire, si poteva – comunque inviare un certo contenuto a centinaia di persone. Ciononostante la mossa sembra aver funzionato: lo scorso anno WhatsApp spiegò che il tasso di inoltro era calato del 25% su scala globale.

La pandemia da coronavirus ha gettato benzina sul fuoco dei bufalari, degli allarmisti, dei criminali e dei avvelenatori di professione. Fino a rimettere in circolazione sciocchezze di ogni tipo se non vere e proprie truffe, in particolare su presunti rimedi fai-da-te contro l’infezione, sulle sue origini “artificiali”, sulle raccolte fondi ingannevoli e su mille altri fronti che molte volte abbiamo affrontato. Fino a portare importanti esponenti politici, come il primo ministro irlandese Leo Varadkar, a pregare i cittadini di “smetterla di condividere informazioni non verificate sui gruppi WhatsApp”.

Ultimamente la chat si è mossa in modi molti chiari e utili. Per esempio introducendo, in Italia, un numero di telefono a cui poter inoltrare i contenuti dei quali si vuole richiedere una verifica: è il +39 3456022504 ed è curato dall’organizzazione Pagella Politica. Fra l’altro, il top management dell’app ha anche donato un milione di dollari all’International Fact-Checking Network. Non solo: pochi giorni fa è stato attivato un bot, cioè un’utenza automatica, in collaborazione con l’Organizzazione mondiale della sanità che raccoglie aggiornamenti ufficiali, indicazioni verificate e altre notizie attendibili. A quanto pare, è già stato consultato da più di 10 milioni di persone.

“Stiamo collaborando direttamente con Ong ed enti governativi, tra cui l’Organizzazione mondiale della sanità e oltre 20 ministeri della salute nazionali, per contribuire a fornire informazioni affidabili alla popolazione – confermano dalla chat – questi enti e queste organizzazioni hanno inviato centinaia di migliaia di messaggi tramite WhatsApp agli utenti che hanno richiesto informazioni e consigli”. Qui ci sono alcune indicazioni su come usare al meglio la chat di Mark Zuckerberg e per sapere come segnalare potenziali bufale, notizie false e informazioni non verificate alle organizzazioni di fact-checking. (repubblica)