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Ricordati a Palermo Antonino Cassarà e Roberto Antiochia

Ricorre oggi il 35° anniversario dell’eccidio del vice questore aggiunto Antonino Cassarà e dell’agente Roberto Antiochia, assassinati a Palermo per mano mafiosa.

Lo scorso anno, a Palermo, è stata collocata una stele marmorea, dedicata ai due poliziotti, nei pressi del luogo dove furono uccisi, dove questa mattina nel loro ricordo è stata deposta una corona di alloro alla presenza del prefetto Giuseppe Forlani, del questore Renato Cortese e del sindaco Leoluca Orlando.

In loro memoria è stata celebrata anche una messa presso la chiesa del SS. Salvatore di corso Vittorio Emanuele, dal cappellano della Polizia di Stato, padre Massimiliano Purpura.

I due poliziotti furono uccisi il 6 agosto 1985, sotto l’abitazione di Cassarà in via Croce Rossa a Palermo: un gruppo di nove uomini armati di kalashnikov, appostati alle finestre del palazzo di fronte a quello dove viveva il vice questore aggiunto, spararono sull’Alfetta di scorta, colpendo mortalmente i due poliziotti.

A segnare il destino del giovane Antiochia fu l’omicidio avvenuto pochi giorni prima del dirigente della Squadra “catturandi” di Palermo, Giuseppe Montana.

Roberto aveva lavorato con il dottor Montana dal 1983 al 1985 in delicate indagini su Cosa Nostra, e nonostante fosse stato assegnato pochi giorni prima a Roma si trovava a Palermo per partecipare ai funerali.

Arrivato in città Roberto, però, decise di rimanere a causa dell’atmosfera terribile che si respirava in Questura e per il forte legame di amicizia e il senso del dovere nei confronti dei suoi amici e colleghi; anche se ufficialmente in ferie, infatti, lavorava alle indagini sulla morte del suo ex capo e faceva la scorta a coloro che erano più minacciati: tra questi il vice capo della Squadra mobile Antonino Cassarà.

Cassarà a Palermo rivestiva, dal 3 maggio 1980, l’incarico di vice dirigente della Squadra mobile e svolgeva delicate indagini sulle cosche mafiose. Aveva preso parte a numerose operazioni di polizia giudiziaria assicurando alla giustizia alcuni tra i più pericolosi esponenti di Cosa Nostra.

Era uno stretto collaboratore del giudice Giovanni Falcone e del cosiddetto “pool antimafia” della Procura di Palermo. Le sue indagini hanno contribuito infatti all’istruzione del primo “maxiprocesso” alle cosche mafiose.

Entrambi i poliziotti sono stati insigniti della “Medaglia d’oro al valor civile alla memoria”.