di Angela Ganci, psicologo psicoterapeuta, giornalista, docente
Agrigento, città siciliana ridente, altrimenti detta Akragas, nel suo nome originale, fondata dai coloni rodio-cretesi di Gela intorno al 580 a.C.
Una Terra ricolma di colonizzazioni in cui si sono succeduti popoli diversi, ciascuno lasciando un’eredita’ specifica, ben visibile all’interno del Museo Regionale Pietro Griffo, che oggi espone migliaia di reperti che, ordinati secondo un criterio cronologico e topografico, illustrano la storia del territorio agrigentino, dalla preistoria fino alla fine dell’età romana.
“Il Museo racconta la storia dell’antica Agrigento e di un ampio territorio circostante- illustra Giuseppe Avenia, responsabile del Museo, oggi unità operativa del Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei templi – e, aldilà della magnificenza della Valle, è attraverso la visita al Museo che si può cogliere nella sua interezza l’essenza della vita degli abitanti di Akragas. Una vita densa di dominazioni e cultura, che richiama turisti da ogni parte del mondo e la stessa comnità agrigentina; un coinvolgimento che, purrtoppo, soffrendo della pandemia in atto, tentiamo di ravvivare, con ogni mezzo a nostra disposizione. Stiamo infatti lavorando per coinvolgere sempre più la comunità agrigentina nelle attività del Museo, e in questa direzione va anche la possibilità data a tutti coloro che acquistano la card della Valle dei Templi, di potere accedere liberamente tutti i giorni dell’anno al Museo, pagando un supplemento di soli 5 euro.
Il Museo di Agrigento è organizzato in diciassette sale, racchiudendo reperti provenienti da Akragas, ma anche da altri siti, come Enna e Caltanissetta; complesso enucleare tutte le meraviglie artistiche contenute nel Museo, esemplificando si riportano i “gioielli artistici” contenuti nella sala XI, dedicata alle necropoli agrigentine di recente esplorazione, dalla fase arcaica a quella tardo-antica, con la presenza di sarcofagi a vasca (VI e V secolo a.C.) d’epoca greca e sarcofagi romani del II e III secolo. Ancora, di rilevante grandezza, non solo fisica, i materiali esposti nella sala VI, con il colossale Telamone dell’Olympeion ricostruito nella parete di fondo, e tre altre teste di Telamone, il plastico con l’ipotesi di ricostruzione del tempio, e sei modelli con le ipotesi della posizione del telamone rispetto alle colonne del tempio.
Un percorso con continui colpi di scena artistici, usufruibile da tutti, anche in periodo di pandemia, pur, come prima detto, nell’impegno di superare le inevitabili ripercussioni della crisi pandemica.
“Questa pandemia ha ridotto molto l’afflusso dei visitatori, e ci rincresce tenere chiusa la Sala del monetiere nella quale non è possibile garantire il distanziamento. Per il resto il Museo è visitabile in sicurezza – conclude Avenia – Ci auguriamo che la situazione pandemica possa presto migliorare, e nel frattempo stiamo lavorando per ripensare gli spazi e la collezione al fine di potere offrire nuove possibilità cognitive e un’esperienza più coinvolgente ai visitatori”.
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