Secondo l’Organizzazione mondiale del Lavoro le conseguenze sociali della crisi sanitaria saranno più gravi della crisi economica del 2008
Uno studio realizzato dall’Organizzazione del Lavoro (che riunisce i governi, i sindacati e le organizzazioni degli industriali di 187 Paesi) dimostra che la pandemia rischia di provocare la perdita di 25 milioni di posti di lavoro, andando ad aggravare un settore dove nel 2019 già si contavano 188 milioni di disoccupati nel mondo.
Un numero superiore a quello che si verificò dopo la crisi economica del 2008 e che comportò una crescita dei disoccupati mondiali di 22 milioni di unità.
“I comparti più toccati saranno il turismo, i trasporti ma anche l’industria dell’automobile”, dice Guy Ryder, direttore generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. “Sarà un crash-test di proporzioni inquietanti, ben peggiore di quello del 2008”. E saranno le economie occidentali quelle più funestate dalla crisi, con una perdita di guadagni che si prevede sfiorerà i 3100 miliardi di euro entro la fine del 2020.
Questa pauperizzazione generalizzata si tradurrà su un’importante diminuzione di consumi e servizi, che a sua volta impatterà sulle imprese e sulle economie nazionali.
Tra 8 e 35 milioni di persone rientreranno nella categoria dei cosidetti “lavoratori poveri” (che sono quelli che guadagnano meno di 2,90 euro al giorno), mentre si prevedeva che nel 2020 la cifra totale di questi, pari a 630 milioni di persone, sarebbe diminuita di 14 milione di persone. “Prendendo esempio da quanto accadde nel 2008 è di fondamentale importanza proteggere il salario dei dipendenti e cercare di salvare i posti di lavoro”, dice ancora Ryder. (repubblica)
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