di Angela Ganci
Psicologo psicoterapeuta, docente e giornalista
Suicidio: una parola che richiama un evento fatale, allarmando il singolo, la famiglia e la Comunità, in un appello urgente, esplicito, alla prevenzione di un disagio che si compendia nell’altisonante temine Depressione Endogena.
Ci riferiamo a quella particolare tipologia depressiva che si configura come inspiegabile tendenza al ripiegare su sentimenti di disperazione, inutilità del vivere, colpa e rovina, indipendenti da oggettive condizioni ambientali di catastrofi, anche solo previste.
Tanti i sintomi premonitori di questo malessere esistenziale, campanelli d’allarme assolutamente da attenzionare, tra gli altri, parlare di voler morire, essere alla ricerca di un modo per uccidersi, parlare di sentirsi senza speranza o di non avere uno scopo, parlare di essere un peso per gli altri, dormire troppo poco o troppo, mostrare estremi sbalzi d’umore
Una condizione patologica con indubbie basi ereditarie, si direbbe; e in parte, come non dare torto a questa affermazione, sulla base del parere autorevole della scienza medica, in primis la correlazione ben nota tra familiarità e aumentata percentuale di depressione clinica nei figli di primo grado?
Fin qui tutto nella norma; ora, il problema si pone di fronte al sempre più crescente fenomeno delle morti per Crisi storiche, come quella determinata dal Covid 19, una crisi sociale, economica, caratterizzata da progressivo impoverimento delle relazioni, del salario, della libertà personale, della gioia, peraltro abbastanza banale, di un aperitivo con gli amici, un Sabato qualunque.
E allora dobbiamo (almeno solo per una sorta di consolazione) riferirci agli studi neuropsichiatrici per corroborare l’idea che la crisi che esiti in depressione e impotenza non possa necessariamente cogliere Tutti verso l’esito fatale, dettato dalla perdita di speranza e di stima?
Al di là di ogni interpretazione psicologica esaustiva di un fenomeno che ricalca, e supera, la pura crisi economica, per diventare Crisi della Persona e delle Relazioni, analizziamo le ultimissime ricerche che hanno cercato di esplorare il rapporto tra Covid 19 e aumentato rischio suicidario, rimandando alle illustri indagini mediche circa la popolazione target di tale tendenza autodistruttiva, focalizzando l’attenzione, in ogni caso, sulla potenza limitante del fenomeno pandemico, che imperversa dallo scorso Marzo con gradi diversi di restrizioni sociali.
Solo per citare una fonte specifica, la Fondazione BRF, Istituto per la Ricerca in Psichiatria e Neuroscienze, che ha fondato uno specifico “Osservatorio Suicidi Covid 19”, ha raccolto le osservazioni per cui, da Marzo a Maggio 2020, sarebbero oltre sessanta i casi accertati di suicidio legati al Covid 19, come riporta la testata giornalistica Il Parmense, a Dicembre dello scorso anno.
Situazione simile riporta l’AGI, che registra, da Marzo a Settembre 2020, ben 71 suicidi e 46 tentativi di suicidio che si ritiene siano connessi in maniera diretta o indiretta al coronavirus.
E rispetto alle cause? La fondazione BRF, tra le motivazioni più ricorrenti di tale gesto, cita la perdita del lavoro, della casa privata, di un reddito soddisfacente e in grado di sostentare la propria famiglia e di mantenere in piedi la propria azienda.
Un esempio concreto è quello di Luca Vanni, ristoratore di 44 anni, imprenditore stremato per il mutuo del suo locale, nella zona di piazza Santa Croce, acquistato poco prima della pandemia e in serio rischio di chiusura a causa degli scarsi incassi dettati dalla crisi Covid 19 e di un mutuo in sospeso. Crisi economica, ma anche isolamento sociale, da non confondere con il distanziamento fisico necessario per il contenimento del contagio, altresì lo stigma nei confronti di chi ha contratto il virus e teme di essere veicolo di Morte, o vede morire i propri cari, impotente. Insomma, una lotta impari contro un Virus indecifrabile: questo però fino all’avvento dei vaccini che, adesso, permettono di infondere un sentimento nuovo, denominato Speranza.
Depressione e sentimenti di autosoppressione di fronte a un futuro dalle tinte fosche e a un passato segnato dalle disfatte, sul cui innesco, sempre secondo la Fondazione sopra citata, entrerebbero in gioco fattori biologici, come la vulnerabilità individuale, anche in relazione all’età adolescenziale, di per sé fragile e incline, per sua natura, a un’esasperazione dei sentimenti, anche quelli depressivi.
Esito fatale, quindi, un evento irreversibile: ma come prevenirlo?
Appare a mio avviso interessante la puntualizzazione dello psichiatra Maurizio Pompili, Professore Ordinario di Psichiatria alla Sapienza Università di Roma, secondo cui “è fondamentale parlare del fenomeno suicidi, ma senza enfatizzare o descrivere in maniera esplicita le modalità con cui è avvenuto e i luoghi che ne sono stati il teatro, senza usare titoli o immagini drammatiche, bensì utilizzando i fatti come occasione per dare informazioni su come funziona la rete di assistenza e per interpellare specialisti che possano spiegare le dinamiche che portano a un suicidio e quindi indicare a chi si trova in difficoltà come chiedere aiuto” (per un approfondimento si rinvia alla pagina https://www.agi.it/cronaca/news/2020-09-07/allarme-psichiatri-suicidi-covid-9589799/).
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