L’intervista a Carmelita Russo, ASP di Catania.
di Angela Ganci, psicologo psicoterapeuta, giornalista e scrittrice
Disturbi del comportamento alimentare: un problema sempre attuale che colpisce sempre di più le età giovanili, richiede interventi multiprofessionali e conduce, nei casi più severi, a un rischio di morte, solitamente per suicidio o per arresto cardiaco. Un dato allarmante, confermato dalla stessa American Psychiatric Association che li considera come la prima causa di morte per malattia mentale nei paesi occidentali (si confronti per approfondimento il seguente documento al link Anoressia, bulimia e suicidio (nelfuturo.com)).
Quali sono i disturbi alimentari più diffusi oggi tra i giovani? Come contrastarli, nel migliore dei casi prevenirli? Come favorire il lavoro delle famiglie e delle istituzioni?
Un dibattito che accende ancor oggi la comunità scientifica stretta in un dibattito fitto accresciuto anche dalle recenti conseguenze pandemiche sulla salute psicofisica dei più giovani, una ricerca di punti fermi per cui abbiamo voluto interpellare l’esperienza consolidata della dottoressa Carmelita Russo, Responsabile del percorso diagnosi e cura DCA in età evolutiva dell’ASP di Catania.
Dottoressa Russo, quali sono i disturbi alimentari più diffusi oggi tra i giovani? Quali sono i sintomi?
“I disturbi più diffusi oggi sono le forme anoressiche, in cui si cerca una magrezza sempre più estrema, attraverso la riduzione dell’apporto alimentare e l’eccessivo esercizio fisico, nel convincimento e nella percezione di essere sempre molto grasse (la tipica ragazzina scheletrica che si guarda alo specchio e vede se stessa obesa) che riguardano soprattutto le preadolescenti e le adolescenti; le forme bulimiche, in cui ci si abbuffa e successivamente si provoca il vomito autoindotto, con uso eccessivo di lassativi, e il Binge Eating, con eccessi alimentari non seguiti da vomito, per cui i soggetti sono obesi, che riguardano più i giovani adulti. Stanno comunque aumentando le forme che riguardano l’infanzia, che sono detti ARFID, ossia Disturbi Alimentari Evitanti Restrittivi, per cui i bambini rifiutano i cibi nuovi e comunque salati, mantenendosi ad una dieta tipica del pre-svezzamento, o sono estremamente selettivi o infine rifiutano di mangiare per paura di soffocare e/o vomitare (disfagia psicogena). Stanno emergendo nuovi disturbi, a mio parere sottovalutati, quali la bigoressia dei maschi, che riguarda ragazzi adolescenti o giovani adulti, che praticano molto le palestre al fine di diventare sempre più muscolosi e consumano tanti integratori e proteine, con l’obiettivo di diventare sempre più muscolosi, per cui, a fronte di un comportamento apparentemente normale, vivono nell’ossessione di avere il corpo scolpito e muscoloso, così come le anoressiche vivono nell’ossessione di essere sempre più magre.
Altro disturbo che investe le fasce giovanili, soprattutto femminile, è la drunkoressia, ossia l’associazione di Anoressia e abuso di alcolici. Segnalo infine che, negli ultimo tre anni, il disturbo alimentare si associa spessissimo a comportamenti, quali il cutting e i pensieri suicidari, e a veri tentativi di suicidio, un linguaggio sintomatico che esprime, attraverso il corpo e i comportamenti, il grave disagio che stanno vivendo i nostri ragazzi”.
Quali le terapie più innovative?
“Le terapie, come sottolineato da tutte le linee guida internazionali, nazionali e regionali (GUR siciliano Marzo 2017), necessitano di un intervento multiprofessionale, multimodale e integrato, il che vuol dire che bisogna curare le problematiche internistiche che inevitabilmente questi pazienti presentano (internista, cardiologo, ginecologo), trattare la riabilitazione nutrizionale, che è il cardine dell’intervento, in genere affidata a dietisti/nutrizionisti, opportunamente formati sulla problematica, trattare le problematiche psicologiche e, quando necessario, familiari attraverso interventi psicoterapeutici individuali, di gruppo o familiari, a seconda del caso. Non esistono interventi privilegiati, ma quello che rende la cura efficace e porta a guarigione è un trattamento multimodale/multiprofessionale, di un team che lavori in rete e parli lo stesso linguaggio, individualizzato sul singolo caso, flessibile nel tempo, a seconda delle priorità che si presentano, e continuativo per il tempo necessario. Quelli cha vanno assolutamente evitati sono quei percorsi spezzati, con la ricerca della soluzione immediata, cambiando servizi e professionisti, perchè alla fine sono percorsi che non curano, ma anzi cronicizzano e aggravano il disturbo”.
Quali i consigli per gestire tali problematiche da parte delle famiglie? In cosa consiste la prevenzione?
“Il consiglio che si dà alle famiglie è quello di non perdere tempo e ricorrere quanto prima alle cure specialistiche, di assumersi le giuste responsabilità genitoriali di fronte ai figli che, soprattutto nelle forme anoressiche, rifiutano le cure e spesso minacciano di restringere sempre più l’alimentazione o, peggio, minacciano di farsi male, ricattando i genitori e rendendoli impotenti, per cui spesso, in ospedale, giungono casi che, seppur giovanissimi, sono molto gravi e cronicizzati. La diagnosi precoce e l’intervento tempestivo condizionano fortemente la prognosi, per cui ai genitori dico di non aver paura di essere più normativi con i figli e di cercare aiuto, anche quando i ragazzi non vogliono andare al consulto, di dire loro che sicuramente saranno aiutati a portare il figlio o la figlia a consultazione. Questo è un dato di letteratura, ma anche di esperienza personale (la nostra UO ha un percorso di diagnosi e cura dei DCA dal 2001 a tutt’oggi e sono centinaia i casi seguiti di genitori che sono stati aiutati a convincere i figli alle cure, questo è il primo passo, non cedere alla paura, non farsi ricattare e cercare subito un aiuto professionale”.
Quali sono i dati regionali sui disturbi alimentari in età evolutiva?
“I dati epidemiologici regionali, così come quelli nazionali, riguardano solo i casi che giungono all’osservatorio epidemiologico regionale (dove possono essere richiesti), quindi solo quelli che hanno avuto un ricovero o un day hospital, mentre sfuggono tutti quelli ambulatoriali e quelli che afferiscono al privato. Il disturbo comunque è una vera epidemia, che investe soprattutto la preadolescenza, l’adolescenza e i giovani adulti, ma non risparmia né i bambini né gli adulti. Sebbene i fattori che determinano tali disturbi sono molti, una grande responsabilità va al periodo del Covid e del post Covid, in cui i casi sono aumentati del 30-40%, a causa dell’uso eccessivo dei social, soprattutto Instagram e tik-tok, grazie ai ragazzi, nel delicato momento di un passaggio evolutivo problematico quale è la pre e l’adolescenza, trovano modelli di identificazione facili ed immediati, ma anche sostegno e conferma nel mantenimento del disturbo”.
More Stories
Catania. La nazionale azzurra di pentathlon moderno al Cus
Messina. Schifani e Basile: sul futuro dell’ex Sanderson progettazione condivisa
Palermo. Ti presento una scuola: Istituto ”Francesco Ferrara”