Il Fisco vuole tassare i “servizi sessuali”. Vogliono riaprire i “bordelli”?

Casa appuntamenti (foto today.it) - mediaoneonline.it

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di Giulio Ambrosetti

Fa discutere la notizia di queste ore che si riassume in una domanda: il Fisco italiano, a quanto pare su input dell’Unione europea, vuole tassare i “servizi sessuali” e magari anche le escort? Tutto nasce dalla nuova classificazione Ateco 2025 dell’Istat. Si tratta, citiamo Wikipedia, della “classificazione delle attività economiche ATECO (ATtività ECOnomiche)”, ovvero, “una tipologia di classificazione adottata dall’Istituto nazionale di statistica italiano (ISTAT) per le rilevazioni statistiche nazionali di carattere economico”.

Per la cronaca, il codice ATECO si utilizza per identificare e quindi classificare le attività economiche delle imprese e dei liberi professionisti. E’ spuntato il codice 96.99.92 sui “Servizi di incontro ed eventi”. Fin qui nulla di strano. Andando avanti si scopre che tale codice comprende anche “attività connesse alla vita sociale, ad esempio attività di accompagnatori e di accompagnatrici (escort), di agenzie di incontro e agenzie matrimoniali; fornitura o organizzazione di servizi sessuali, organizzazione di eventi di prostituzione o gestione di locali di prostituzione; organizzazione di incontri e altre attività di speed networking”.

Le parole “servizi sessuali”, “organizzazione di eventi di prostituzione” e “gestione di locali di prostituzione” non lasciano molti dubbi: il tema è il sesso a pagamento. Va ovviamente scartato lo sfruttamento della prostituzione, che è un reato. Non è un reato, invece, la prostituzione. E’ questa che lo Stato intende tassare? E come? Questa storia sa tanto di pasticcio giuridico, se è vero che in Parlamento c’è già qualche interrogazione parlamentare sull’argomento. L’ha presentata la senatrice del Movimento 5 Stelle, Alessandra Maiorino, la cui dichiarazione è stata ripresa da Il Sole 24 Ore: “E’ vero – dice la parlamentare – che la prostituzione in Italia non è illegale, ma lo sono tutte le attività di favoreggiamento, sfruttamento e induzione. Esattamente ciò che va a regolarizzare, dal punto di vista fiscale, la nuova classificazione.

Un orientamento palesemente in conflitto con le leggi esistenti e sul quale sto depositando un’interrogazione al ministro Urso. Come è possibile che si vada così palesemente in contrasto con le leggi esistenti? Chi lo ha deciso? Stiamo parlando di attività che creano una zona grigia, lasciando spazio a sfruttamento e tratta. Vogliamo delle spiegazioni”. In realtà, per quello che abbiamo capito, forse il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, in questa storia c’entra fino a un certo punto. La questione, con molta probabilità, riguarda l’ISTAT e l’Unione europea, o meglio, il Servizio statistico dell’Ue: EUROSTAT. Molto critico anche il Codacons, sigla che sta per Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e la tutela dei diritti di utenti e consumatori. L’associazione che difende i consumatori ricorda che in Italia il sesso a pagamento dà luogo a un volume di affari pari a circa 4,7 miliardi di euro all’anno. Tutta economia sommersa.

Dice il presidente del Codacons, Carlo Rienzi: “Si tratta di una questione particolarmente spinosa. La prostituzione in sé non costituisce reato, se svolta in modo autonomo e su base volontaria, e di conseguenza appare corretto sottoporre a tassazione i proventi di tale attività, come peraltro ribadito dalla Cassazione nel 2011. Il nuovo codice ATECO dell’Istat, tuttavia, essendo esteso anche a ‘organizzazione di servizi sessuali’, ‘organizzazione di eventi’ e ‘gestione di locali di prostituzione’, si pone in netto contrasto con la legge italiana che se, da un lato, non vieta la prostituzione, dall’altro prevede il reato di sfruttamento della prostituzione, inteso anche come partecipazione ai proventi dell’attività di prostituzione (Cassazione del 2018), punito con reclusione da quattro a otto anni e una multa da 5mila a 25mila euro. Siamo di fronte ad un corto circuito fiscale, con l’Istat che regolarizza tutte le attività legate alla prostituzione, e le leggi in vigore e che vietano le stesse attività” (qui per esteso l’articolo de Il Sole 24 Ore: https://www.ilsole24ore.com/art/fisco-ora-prostituzione-ed-escort-hanno-proprio-codice-ateco-AH9YLbE).

Tanti i dubbi. Il presidente del Codacons parla di “corto circuito fiscale”. A noi sembra un pasticcio giuridico. A meno che… A meno che non si decida, supponiamo con una legge, di rendere legali quelle che un tempo si chiamavano “Case d’appuntamento” o “Bordelli”. Non vediamo un’altra spiegazione. Attualmente, chi decide di prostituirsi lo fa autonomamente, magari in casa propria.

Come si fa a tassare un soggetto del genere? E’ concepibile che un esattore delle tasse chieda a due soggetti che hanno fatto l’amore di pagare? E perché dovrebbero pagare, perché hanno fatto sesso senza essere né fidanzati, né sposati? Vero è che, oggi, con i telefoni cellulari e le telecamere nelle vie delle città siamo tutti ‘tracciati’. Ma arrivare a questo punto sarebbe una follia degna di un romanzo di George Orwell. Ribadiamo: la sensazione è che questo sia un primo, timido passo, verso la riapertura dei “Bordelli”. In Italia, sempre per la cronaca, la regolamentazione della prostituzione è stata abolita con l’approvazione della cosiddetta legge Merlin del 1958, legge che prende il nome dalla senatrice socialista Lina Merlin (https://it.wikipedia.org/wiki/Lina_Merlin). Sono stati i socialisti e i cattolici a promuovere questa legge voluta per difendere la libertà personale di chi si prostituisce.

Che hanno in testa in Italia? Vogliono riaprire i “Bordelli” per mettere le mani sul 20-30 per cento del giro di affari della prostituzione? Vorrebbero aumentare le entrate dello Stato sfruttando il sesso? Peraltro, rispetto al passato, il mondo è cambiato. I tradizionali “Bordelli”, con le “Quindicine” (le prostitute che ruotavano ogni 15 giorni), erano solo per uomini. Con la parità qualcuno potrebbe anche chiedere l’apertura di “Bordelli” per donne. Ai tempi dei tempi, quando i “Bordelli” funzionavano a piano ritmo, gli uomini che se lo potevano permettere, il pomeriggio, dopo una giornata di lavoro, ogni tanto (o ogni giorno, a seconda delle abitudini) facevano una capatina lì e… e poi tornavano a casa ‘rilassati’ a riabbracciare le mogli. Volendo, con la citata parità dei sessi, dovrebbe essere così pure per le donne. Ma voi riuscite a immaginare le donne che… Quanto meno non dovrebbero essere sposate, sennò sarebbe un gran casino, utilizzando una parola che avrebbe una certa attinenza…