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Mafia, i lavori di Brancaccio e la droga estera: in manette i Guttadauro

PALERMO (ITALPRESS) – Associazione mafiosa è l’accusa contestata a Giuseppe Guttadauro inteso “il dottore” (l’ex medico chirurgo deill’ospedale Civico di Palermo finito in diverse inchieste antimafia, ndr) e al figlio Mario Carlo arrestati dai carabinieri del Ros con il supporto di quelli del Comando Provinciale di Palermo e dello Squadrone Cacciatori Sicilia. Il primo è finito ai domiciliari, per il secondo è stata disposta custodia cautelare in carcere. Ai due viene contestata l’appartenenza alla famiglia di cosa nostra di Palermo-Roccella (inserita nel mandamento di Brancaccio-Ciaculli) e l’intervento sulle più significative dinamiche del mandamento mafioso di Villabate-Bagheria. Nello stesso provvedimento risultano indagati, ma non destinatari di provvedimenti cautelari, altri palermitani di cui tre ritenuti essere affiliati alla famiglia di Palermo – Roccella e due, in concorso con Mario Carlo Guttadauro, di lesioni aggravate. Le indagini, coordinate dalla Dda di Palermo, hanno documentato le attività di Giuseppe Guttadauro già arrestato il 22 maggio 2002, nell’operazione “Ghiaccio” e fratello di Filippo, cognato del latitante Matteo Messina Denaro. Dalle indagini è emerso che Giuseppe Guttadauro, stabilitosi a Roma dopo la scarcerazione avvenuta nel 2012, avrebbe mantenuto i contatti con l’organizzazione mafiosa di riferimento anche attraverso il figlio Mario Carlo il quale ne avrebbe mediato le interlocuzioni con gli altri indagati attivi a Palermo. Gli investigatori hanno anche documentato l’intervento di Giuseppe Guttadauro, delegato per l’esecuzione al figlio Mario Carlo, per risolvere i contrasti che erano sorti a Palermo in ordine all’esecuzione di lavori che dovevano essere realizzati in una importante struttura industriale nella zona di Brancaccio. Le intercettazioni hanno rivelato le aspre critiche mosse dal “dottore” alle nuove generazioni di mafiosi, innescate dalla notizia della collaborazione con la Giustizia di Francesco Colletti e la preoccupazione per le dichiarazioni di Filippo Bisconti e l’esigenza, rappresentata apertamente al figlio, di “evolversi” pur rimanendo ancorati ai principi di Cosa Nostra.
Il quadro indiziario ha evidenziato come Guttadauro padre fosse pure intervenuto per regolare l’attività di traffico di stupefacenti condotta da un pregiudicato bagherese e i rapporti di quest’ultimo con i vertici pro-tempore della famiglia mafiosa di Bagheria. E, inoltre, avrebbe progettato un traffico di stupefacenti con l’estero, finanziato dai sodali palermitani, avvalendosi di un soggetto albanese per reperire hashish e prevedendo, contestualmente, un canale per l’approvvigionamento di cocaina dal Sud America. In quest’ultimo ambito, avrebbe avuto un ruolo anche un assistente di volo, in documentati rapporti con Guttadauro, che avrebbe dovuto trasportare 300 mila euro in Brasile nel momento in cui il carico di droga dal Sud America fosse arrivato in Olanda. Altro dato emerso dalle indagini è stata la “considerazione” goduta in determinati ambienti della Capitale da Giuseppe Guttadauro al quale sarebbe stato richiesto di intervenire – dietro la promessa di un lauto compenso – per la soluzione di un contenzioso dell’ammontare di 16 milioni di euro che una facoltosa donna romana aveva con un istituto bancario.
Lui non avrebbe esitato a prospettare, in caso di esito infruttuoso del proprio intervento, di passare alle vie di fatto, incaricando qualcuno di malmenare chi riteneva stessero ostacolando la soluzione della vicenda. Sono state, infine, ricostruite le motivazioni di un pestaggio, che altri due indagati, su ordine di Mario Carlo Guttadauro, avrebbero portato a termine il 25 ottobre del 2016 nei confronti di un giovane palermitano, reo di aver accusato il giovane Guttadauro di condotte disdicevoli.
(ITALPRESS).

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