Parrucchieri e centri estetici dovranno aspettare ancora per riaprire. Tutto rimandato a giugno. Una decisione che naturalmente sta scatenando molte reazioni e soprattutto denunce da parte delle associazioni di categoria.
Il rischio, secondo l’Unione Artigiani di Milano e di Monza – Brianza, è che «la maggioranza dei parrucchieri e degli estetisti non apra più i battenti, altro che riavvio il primo giugno: occorre subito ripensare l’agenda e intervenire urgentemente al sostegno economico di un settore pronto alla rivolta».
«Il calendario definito – ha commentato il segretario generale Marco Accornero – è inutilmente penalizzante nei confronti di questo settore. Non si capisce l’accanimento nel costringere alla serrata migliaia di botteghe di parrucchiere, barbieri ed estetisti che già sarebbero pronti con appositi dispositivi e l’accorgimento di ricevere su appuntamento un cliente alla volta, sanificando i locali spesso. Sarebbero le medesime condizioni che si verificherebbero per altre attività per le quali si è concesso il riavvio già dal 4 maggio».
E Giuseppe Sciarrino, presidente della CNA del Piemonte, ha chiesto che «estetiste e parrucchieri riaprano subito, sono pronti a garantire sicurezza. Il settore benessere è esperato. Le nostre attività sono ferme dal 2 marzo e non possono attendere ancora. In tutto l’anno segneremo una perdita secca del 40% sul nostro fatturato, se aggiungiamo a quanto perso finora anche la riduzione del 50% dei passaggi che vedremo nei prossimi mesi a causa delle nuove regole del distanziamento sociale».
A Padova, poi, due parrucchieri, titolari di un negozio nel centro storico, come documenta la foto a corredo di quest’articolo, si sono incatenati al grido: «Noi più sicuri e puliti dei bus: fateci aprire». Al loro fianco il presidente della Regione Veneto Luca Zaia: «I barbieri e i parrucchieri hanno tutte le ragioni per protestare, ma come si fa a dire loro che potranno aprire il primo giugno perchè allora saranno in regola e sicuri e oggi no? Il virus c’è oggi e ci sarà anche domani», aggiungendo che «come può essere meno sicuro un negozio di 40 metri quadri dove entra una sola persona, rispetto ad un autobus dove salgono 15 persone?».
Infine, Alberto Stefani, deputato della Lega, ha affermato: «Tenere ancora chiusi centri estetici e saloni di acconciatura significa fallimento per decine di migliaia di artigiani onesti e via-libera all’abusivismo, realtà peraltro già diffusa. Meglio protocolli di sicurezza, dispositivi di protezione, clienti contingentati e ridotti perfino di oltre la metà al giorno. È ora di tirare su le saracinesche. Presenterò un’interrogazione al governo affinché rivaluti lo stop insensato ancora imposto a questo settore». (blogsicilia)
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