di Angela Ganci, psicologo psicoterapeuta, giornalista e scrittrice
Rapito, scheda del film
Regista: Marco Bellocchio
Genere: Drammatico, Storico
Anno: 2023
Paese: Italia
Durata: 125 min
Data di uscita: 25 maggio 2023
Distribuzione: 01 Distribution
Rapito è un film di genere drammatico, storico del 2023, diretto da Marco Bellocchio, con Enea Sala e Leonardo Maltese. Uscita al cinema il 25 maggio 2023. Durata 125 minuti. Distribuito da 01 Distribution.
Il fatto
Con Rapito, in sala dal 25 maggio 2023, Bellocchio racconta la storia vera di Edgardo Mortara, bambino ebreo bolognese sottratto alla propria famiglia nel 1858 e portato a Roma per essere educato secondo la fede cattolica, in quanto battezzato in segreto da una domestica, che non voleva vederlo finire nel limbo.
Il padre di Edgardo era Salomone Momolo Mortara. La sua famiglia era di religione ebraica e viveva nella Bologna, seconda città dello Stato della Chiesa, dove imperava il tribunale dell’Inquisizione, diretto da Pier Feletti. Proprio a questo una giovane domestica cattolica di casa Mortara, Anna Morisi, aveva detto di aver battezzato il bambino all’insaputa dei genitori. Lo aveva fatto quando Edgardo non aveva ancora compiuto un anno. Durante una malattia, temendo che morisse, lo aveva battezzato per dargli la salvezza eterna.
Mortara non è stato l’unico ragazzo tolto al proprio nucleo familiare dallo Stato Pontificio. In un momento storico in cui il Vaticano vedeva in pericolo il suo potere (nel 1870 sarebbe stato l’anno fatidico della breccia di Porta Pia), papa Pio IX tentava infatti, con ogni mezzo, di riaffermare la propria autorità. Un Papa che “deve rispondere solo a Dio e che non può risparmiare un’anima per cui Dio ha dato il suo Sangue”.
La recensione
Tanti i momenti di elevata tensione presenti nel film da considerarsi pellicola suggestiva e dal cast nutrito e competente: ecco allora il padre vittima di tradimento perché il figlio è stato battezzato, con la scena iniziale crepacuore del piccolo Edgardo quasi buttato dalla finestra, quindi avvolto in un sacco nero per essere portato via dalla Chiesa.
“Non perdere di vista il bambino nemmeno un attimo, massima vigilanza”, la cantilena da parte della Chiesa misericordiosa, una Chiesa che definisce gli Ebrei perfidi e a cui togliere i veli e che li disprezza come bestie.
Un bambino cristiano in eterno, battezzato di nascosto, senza appello, che deve essere portato via, un padre che deve convincere la moglie a non opporre resistenza, anche per non impressionare gli altri figli, che addirittura deve preparare il cambio dei vestiti. E mentre questo coraggioso e impotente padre ripete che “Non è detta l’ultima parola” assistiamo noi stessi, impotenti, allo strappo del figlio dalla famiglia, al grido del figlio “Non mi abbandonare”.
Interessante il nominativo del Papa quale Re dei Cristiani, il “Tuo Re”, e di Gesù come ucciso dagli Ebrei, oltre alla scena del dono di un crocifisso, che il bambino definisce un portafortuna, durante il trasferimento del neo cristiano da Bologna a Roma.
Quindi l’arrivo a Roma all’inno de “Il Signore sia con te”, le preghiere in latino e il mattino presto, sotto gli insegnamenti saggi di Elia, il compagno di vita, di “fare quello che Dicono loro”.
Si resta ancora toccati dal nuovo Edgardo, diligente nelle preghiere, quasi ipnotizzato, e ancora di più dalla condizione dettata dal Rettore del “Farsi cristiani” per rivedere il figlio.
Particolarmente degna di nota in proposito la scena dell’abbraccio alla Madre al grido “Voglio tornare a casa dai miei fratelli”, e le parole del Rettore “Stai calmo, li rivedrai quando si convertiranno”.
Che dire poi dell’ammirazione del Papa stesso per un Edgardo che conosce molto bene il significato di dogma e il gesto forte di baciargli le scarpe dei fedeli.
Arriviamo infine al 1859, alla Bologna liberata dallo Stato pontificio e alle conseguenti scomuniche, per un film da gustare fino all’ultimo frame, fino all’arresto del Rapitore, vincolato al giuramento di non rivelare chi avesse battezzato il bambino, e alla richiesta di Giustizia dello stesso Rapitore, per un processo a porte chiuse dai toni incalzanti da visionare direttamente in sala cinematografica, un processo perdente, forse desolato, ma che ha comunque segnato la Storia.
Edgardo Montana era stato portato via alla famiglia che aveva cercato in ogni modo di opporsi anche con il sostegno della comunità ebraica bolognese e romana.
Eppure, quando aveva 19 anni, al momento della caduta dello Stato Pontificio, Edgardo Mortara non tornò dalla sua famiglia, ma cercò di convertire i familiari. Il fratello Riccardo aveva partecipato alla Breccia di Porta Pia e aveva cercato di contattarlo appena arrivato a Roma.
Anche di fronte al tentativo del fratello di riportarlo a casa Edgardo nega, restando fedele al Battesimo e alla Vita che Lo ha scelto all’età di appena sette anni. E che continua a infervorarlo, in difesa di chi lo aveva rapito e allontanato dalla famiglia, fino alla morte del “Porco” e al ricongiungimento con quel Bambino strappato troppo presto alla propria famiglia, che, infine, bacia la madre morente in un Ritorno tanto atteso dell’Amore da cui mai si sfugge veramente, anche se mai si farà battezzare o ripudierà le proprie origini.
Non siamo più forti dell’ambiente in cui cresciamo
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Religione, politica, l’influenza che il potere ha nelle nostre vite: il regista torna ad affrontare i temi a lui più cari raccontando un fatto storico come se fosse un horror. Le donne che portano Edgardo a Roma sembrano delle streghe, avvolte in un velo nero, facendo leva sul suo senso di colpa: quando chiede di vedere la mamma gli dicono “te lo devi meritare”. Ormai forte di una totale libertà, il regista ha il coraggio di fare un horror di possessione in cui il demone è la Chiesa cattolica, che, inevitabilmente, in Italia ha un potere enorme, influenzando le vite di tutti, più o meno consapevolmente.
La lotta interiore del protagonista (da bambino ha il volto di Enea Sala, da grande di Leonardo Maltese) non è soltanto per ritornare dai suoi affetti, ma soprattutto una battaglia per difendere la propria identità. Religiosa e intellettuale. Scelto per diventare un soldato di Cristo, Edgardo a poco a poco si trasforma, lasciando che la conversione alla fede cattolica cambi anche la sua emotività. Sempre più distante da genitori e fratelli, finisce per vedere proprio in Papa Pio IX una figura paterna.
Quanto l’ambiente in cui cresciamo sia determinante per le persone che diventeremo è uno dei punti più interessanti di un film ricco e denso di suggestioni. Per essere più forti di ciò che ci circonda bisogna avere una determinazione e una sicurezza in se stessi enorme. E un sistema capillare come quello della Chiesa cattolica è davvero difficile da mettere in discussione.
E nel mostrare questo Papa vampiro, Bellocchio parla anche della politica contemporanea. Quando fa dire a Pierobon: “Non sono reazionario, io resto fermo: è il mondo che si muove verso il precipizio” sembra di ascoltare diversi politici di oggi, che non vogliono riconoscere l’evoluzione di una società che ormai è molto più evoluta di loro.
Un cast eccellente
Se è vero che l’ambiente è determinante, quello che si è creato sul set del precedente film di Bellocchio deve essere stato particolarmente florido: il regista recupera molti degli attori con cui ha lavorato in Esterno Notte, da Fabrizio Gifuni a Fausto Maria Alesi, che interpreta il padre di Edgardo, Salomone, compreso lo stesso Pierobon, ottenendo da loro prove di altissimo livello. Proprio Alesi e Barbara Ronchi, che nel ruolo di Marianna, madre del protagonista, hanno le scene più intense dal punto di vista emotivo, dando a questi genitori privati di un figlio un’umanità straziante.
Scritto da Bellocchio insieme a Susanna Nicchiarelli ed Edoardo Albinati, premiato autore di La scuola cattolica, e reso cupissimo dalla fotografia plumbea di Francesco Di Giacomo, Rapito è anche un film sul conflitto che, prima o poi, ognuno di noi sperimenta sulla propria pelle: quello che porta a scontrarsi tra loro chi siamo veramente e ciò che vorremmo essere.
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