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Un uomo felice, la recensione del film di Tristan Séguéla che apre all’inclusivita’.

di Angela Ganci, psicologo psicoterapeuta, giornalista, scrittrice.

“E’ ora di soddisfare i miei desideri più profondi e si tratta di un uomo, sono io quell’uomo e lo sono sempre stata. Fin da piccola ho represso la mia natura, ma questa è nella mia carne e nelle mie vene. Sono un uomo che ama gli uomini. Vorrei avere il corpo di un uomo e comunque avere rapporti sessuali con te. Io ti amo e ti prometto di mettere da parte l’Uomo che è in me per tutta la campagna elettorale”.
Questo l’incipit di “Un uomo felice”, commedia francese di Tristan Séguéla, nelle sale italiane dal 9 Marzo scorso, apertura di una moglie definita dal marito incredulo, nonché sindaco bigotto e conservatore, Contronatura, una moglie da rinchiudere in manicomio, una moglie-cernia, che sta rovinando la sua nuova sfida elettorale, poiché non “uscirebbe mai con un trans in pubblico”, con una “moglie con i baffi”. Una moglie che non può accettare, che diranno poi i figli? Tutto distrutto, il nuovo mandato, quindi, e quale causa? La menopausa forse? Una situazione ridicola, per cui tutti gli rideranno in faccia, dato che sua moglie è “completamente fuori di testa”. 

Di seguito la scheda del film.

Titolo originale: Un homme heureux
Regia: Tristan Séguéla
Interpreti: Fabrice Luchini, Catherine Frot, Rehin Hollant, Philippe Katerine, Artus, Agnès Hurstel, Paul Mirabel, Bastien Ughetto, Jason Chicandier, Camille La Gall, Grégoire Bonnet
Distribuzione: Teodora Film
Durata: 89′
Origine: Francia, 2023

Jean è un sindaco conservatore di una cittadina francese sposato da quarant’anni con Edith da cui ha avuto tre figli. Durante l’inizio della sua nuova campagna elettorale, la moglie dichiara di essere un uomo, di esserlo sempre stato, per questo motivo inizia un percorso di transizione. Una notizia che sconvolge la vita di Jean e dà il via a una serie di equivoci, che lo porteranno a rimettere in discussione le proprie convinzioni.
Un uomo felice, una commedia francese diretta da Tristan Séguéla, mette insieme per la prima volta Fabrice Luchini e Catherine Frot. Molti sono i film che hanno portato sul grande schermo il tema dell’identità di genere, solo per citarne alcuni The Danish GirlTransamericaParigi brucia di Jennie Livingston. Un tema che Séguéla ripercorre,  affrontandolo con intelligenza e ironia denunciando quella fetta della popolazione che, ancora nel 2023, riserva ancora dei pregiudizi. La fonte di ispirazione per gli sceneggiatori Guy Laurent e Isabelle Lazard è la storia di un amico che, all’età di cinquanta anni, decide di iniziare la transizione cercando, allo stesso tempo, di salvare il suo matrimonio.
Un uomo felice è da intendersi come scommessa difficile che il regista francese infine vince, nella misura in cui il film non appare mai eccessivo e non si trasforma mai in una farsa, e gran parte del merito va sicuramente alla coppia Luchini e Frot.
Incredulità, rabbia, disperazione, amore, Luchini trasforma continuamente il suo personaggio a  partire da un uomo conservatore che porta avanti i valori tradizionali quale rappresentazione di una società che rifiuta di aprirsi a un mondo in costante cambiamento. Conoscendo Jean la domanda sorge spontanea. Come reagirà alla notizia della moglie? E come dirlo ai figli “moderni”? Riuscirà la moglie a farlo senza che il marito abbia una sincope mortale? Ed ecco che non è solo Edith a trasformarsi e riscoprire se stesso. Un bacio sulla bocca, che diviene ben presto virale, che farà scattare una serie imprevista di equivoci, porterà a una consapevolezza nuova, personale e collettiva, a un “coming out liberatorio e salvifico”. Tristan Séguéla lancia, in questa pellicola che affronta un tema contemporaneo e molto sensibile, un chiaro messaggio di tolleranza, l’apertura mentale è possibile solo se si lasciano i pregiudizi alle spalle. Ecco allora raggiungere la Top Ten Social, divenire un’icona LGBT, un’icona del Coraggio, e commuovere gli elettori attraverso l’Essere un Sindaco della Tolleranza, sbaragliando i concorrenti “omofobi”, poiché capace, per amore, di accettare le scelte della moglie, qualunque esse siano. “On a gagné” verrebbe da dire. Un finale prevedibile quello di Un uomo felice, ma necessario, rallegrato dalle fanfare di una Vittoria politica della Modernità e dall’Assenza di stereotipi ghettizzanti. Almeno fino a che l’ombra di un divorzio si farà sentire più viva che mai … agli spettatori il gusto di un Finale “in maschera” da scoprire in diretta e valutare personalmente.